JACOPO
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La Storia di Jacopo

L’Inizio

Era il gennaio 2013 quando d’un tratto al lavoro mi resi conto di avere un ritardo. Scoprii così dell’inizio di una seconda gravidanza.

Non so come mai, ma fui subito assalita da un senso di angoscia.

Al contrario di quello che proverebbe qualsiasi neo mamma alla scoperta di una nuova vita che si sta formando dentro di se, invece che un senso di gioia, mi sentii angosciata, impanicata…. Ebbi come l’impressione che qualcosa non andasse….

Col tempo mi convinsi che questa sensazione era data sicuramente dal fatto che non avessimo programmato la gravidanza, anche perché iniziando gli esami di routine del caso che non segnalavano alcun problema, non avevo altra spiegazione del perché del mio stato d’animo.

Questo fino al giorno della morfologica.

Ero alla 20° settimana….il ricordo di quel giorno è indelebile, così come lo diventarono quelli a seguire.

Una ginecologa molto brava che conobbi in occasione della prima gravidanza, dopo averci fatto esultare comunicandoci il sesso e che avremmo avuto un maschietto (avendo già la femminuccia per noi era il TOP!!!), ci gelò con questa frase: “Signora quella era la notizia bella, ora le devo dare una brutta. Il suo bimbo presenta delle malformazioni che sono: presenza di labioschisi, non valutabile il giusto afflusso aortico, lieve tumescenza a livello addominale sopra ombelicale……”.

….da questo momento fu il panico. Uscì dall’ospedale in questione sito in zona Lungotevere in Roma con l’unica idea di buttarmi con tutta la macchina del fiume….Provammo un dolore e una confusione che non si possono spiegare!

Tanti i rimorsi e i “mea culpa”…non mi davo una spiegazione a quanto mi stava accadendo e iniziavo a credere che il problema fossi io, il mio utero, la mia persona, il mio corpo…un corpo che per quarantuno settimane quasi aveva custodito egregiamente la prima figlia e non ci stava riuscendo con il secondo…mi domandavo il perché, senza mai trovare una spiegazione….

Tornai a casa dalla mia bambina in preda al panico e alle lacrime….Decidemmo a quel punto di chiedere altri pareri, il che non so se fu una giusta scelta perché da ogni medico a cui mi rivolgevo ne, uscivo sempre più confusa e impanicata….uno addirittura arrivò a ipotizzarci la fibrosi cistica….

Fu così che alla fine scelsi il ginecologo e con suo parere favorevole preferimmo eseguire l’amniocentesi.

Anche li dovetti “violentarmi psicologicamente” perché avevo paura che un esame così invasivo potesse mettere a rischio la vita del mio bimbo, quel bambino che comunque io avrei voluto nonostante tutte le cattive e poco felici notizie comunicate. RISULTATO ARRIVATO IN EPOCA TARDIVA = negativo!!!!

Raccogliemmo così informazioni su questa labiopalatoschisi (non ci accertarono l’interessamento del palato ma sapevamo che al 90% sarebbe stato coinvolto) così decidemmo di partire per PISA per conoscere i chirurghi a cui pensavamo di affidare le cure del nostro piccolo cuore.

Ci rassicurarono, ci spiegarono l’iter post nascita e mi fecero promettere di NON eseguire più alcuna indagine fino alla nascita, essendo quello l’unico momento in cui si potesse realmente stabilire l’entità della dismorfia o dei problemi legati alla labioschisi.

Anche se non da subito perché io ero ostinata ad andare da tutti i luminari che trovavo in internet per eseguire ulteriori eco al fine di saperne sempre più e per prepararmi al massimo all’arrivo del mio piccolo uomo, a un certo punto gettai la spugna e scelsi di accettare il consiglio del chirurgo cercando così di godermi un po’ della gravidanza che mi era rimasta e la prima figlia che ha subito non poco il periodo angosciante che stavamo vivendo.

Continuai così le visite di routine finché non arrivammo alla flussimetrica….eccoci qui con un altro intoppo: il mio cucciolo sembrava non crescere ed era entrato in sofferenza….

Così il medico mi fissò appuntamento tre giorni dopo, durante il suo turno in ospedale per ripetermi l’esame.

Andai all’appuntamento, era domenica 8 settembre 2013 ed ero alla 34° settimana….dopo tre secondi dall’ecografia capii subito: l’esame era di nuovo insufficiente e si optò per il ricovero.

Iniziarono l’iter di accettazione, e non appena mi puntarono la prima siringa, contenete Bentelan iniziai a piangere e a scalpitare perché capii subito che avrebbero fatto nascere il mio cucciolo, ma io ero in pena perché sapevo che non era quello il momento giusto.

La nascita:

Alle 23,16 nacque Jacopo, un fuscello di solo 1,700 Kg. L’ostetrica mi fece la grazia di farmelo vedere prima di portarmelo via. Gli coprì la bocca pensando forse che non sapessi della dismorfia, ma io la pregai di farmelo vedere…. Era bello, con quel labbro completamente staccato e la cui premaxilla sembrava formare un cuoricino…aveva il faccino di una piccola “meletta”. Come ci aspettavamo era coinvolto anche il palato e  presentando così una labiopalatoschisi bilaterale completa!

Lo portarono in TIN perché lui necessitava d’incubatrice e non lo riuscii a vedere finché al secondo giorno minacciai mio marito di portarmi giù in carrozzina (il protocollo di quest’ospedale non prevede che le partorienti con cesario si alzino prima dei tre gg)…. Io non potevo più aspettare, dovevo vedere il mio bambino e fargli sapere che ero lì con lui!

Ogni giorno morivo dentro perché anche in questo reparto c’era il rooming-in, quindi io ogni giorno assistevo alle coccole che le neo mamme come me si facevano con i propri cuccioli mentre io NO.

Al terzo giorno il mio medico convoca me e mio marito dal primario di Neonatologia: “È bene che Jacopo sia trasferito all’ospedale San Camillo dove hanno una TIN più preparata di noi e che potrà seguirlo meglio, soprattutto con l’alimentazione!”

Altra tegola in testa! Accordai il trasferimento con il patto che dimettessero anche me, ma alla fine dovetti cedere agli scongiuri del mio medico e di mio marito che mi costrinsero a restare altre due notti ricoverata dato che non avevo smaltito l’anestesia e non stavo bene….

Ecco lì iniziò il nostro calvario….Da subito fummo divisi io e il mio piccolo amore ed io sentivo solo dentro di me la voglia di piangere e correre da lui nonostante i dolori allucinanti e non mi reggessi in piedi.

Fui dimessa e subito mi recai al nuovo ospedale. Iniziammo a interagire con i medici di questa terapia sub intensiva, uno dei quali appena visti per la prima volta, esordì: “Signori vedete vostro figlio oltre alla lps ha problemi cardiaci (foro di Botallo e DIA pervi), orecchio dx malformato e i mignoli delle mani storte, quindi avvieremo le indagini genetiche perché è ovvio che vs figlio ha una sindrome!!!!”

Questo fu il modo con cui ci informò che Jacopo, il nostro bambino, sarebbe stato inquadrato in una sindrome….Per il genetista la sindrome in cui veniva inquadrato Jacopo fu la Charge, ma si doveva attendere il test genetico per la diagnosi clinica.

Parlai al genetista dei miei sensi di colpa, cercando di capire se i problemi di mio figlio fossero stati causati da m, dal fatto che, seppur poco, fumassi anche in gravidanza…Grazie a Dio riuscì almeno lui a sollevarmi da questo peso spiegandomi che le sindromi avvengono a causa di mutazioni genetiche indipendenti dal ns controllo (anche un agente atmosferico può interferire in questo senso…)

Così passano i giorni, tra sub intensiva e lactarium, dove ogni tre ore andavo a tirare il latte. Nonostante ilo processo artefatto del “tirare il latte” (una delle cose più struggenti per me è stato non poterlo attaccare al mio seno), spronata dagli infermieri che mi ripetevano “mamma vai a tirare il lattuccio che serve a Jacopo”, lui non cresceva e continuava a essere alimentato solo con sondino nasogastrico.

Io continuo la mia conoscenza con i membri dell’Associazione AISMEL per la labiopalatoschisi, che dopo venti gg di degenza al San Camillo, mi aiutano del trasferimento di Jacopo al Bambin Gesù di Roma.

Iniziammo il nostro percorso lì e a distanza di qualche giorno dal nostro arrivo, Jacopo inizia a manifestare delle gravi apnee con conseguenti gravi desaturazioni.

Ecco qui che a me sparisce il latte e iniziano a comparire i primi capelli bianchi!!!

Spedito in rianimazione, il 15 ottobre 2013 si decide per posizionare a Jacopo un salvavita: la tracheostomia. 

Non si sapeva la natura delle apnee e così per paura di non riuscire a rianimarlo e per prepararsi ai futuri interventi di ricostruzione per la labiopalatoschisi, optarono per questa soluzione.

Passammo circa un mese e mezzo in rianimazione e fu il periodo più brutto…ricordo ancora l’odore di quel reparto!

Tornavo a casa la sera (li potevamo vederlo, salvo emergenze, solo un paio d’ore al giorno) devastata con mio marito e mia madre che non facevano che ripetermi che Jacopo avrebbe potuto non farcela e che io dovevo iniziare a metabolizzare l’idea.

Ma MAI e poi MAI io persi la fiducia nel mio piccolo uomo!

Piano piano fu svezzato dal respiratore e venne trasferito in reparto di Chirurgia ~neonatale, dove successivamente gli posizionarono anche la Peg essendo sconsigliato il sondino nasogastrico a lungo termine.

Viste le complicazioni, optammo per non trasferire Jacopo a Pisa per gli interventi di ricostruzione e rimanemmo così al Bambin Gesù.

Fu approfondito l’aspetto legato all’ipotesi di sindrome e poiché Jacopo presenta, oltre alle malformazioni cardiache e facciali, anche colobomi (sia destra che sinistra) e una ipoacusia bilaterale medio-grave.

Arrivarono intanto le risposte genetiche e Jacopo risultò negativo al test della Charge.

Anche all’esame per le micro-malformazioni legate alla sindrome risultò negativo, ma essendoci però tutti gli aspetti a essa collegati, fu clinicamente ASSOCIATO alla SINDROME CHARGE.

Rimanemmo in quel reparto fino al primo intervento di ricostruzione del palato che avvenne a gennaio 2014.

La rinascita:

Esattamente il 12 marzo del 2014, dopo aver attivato il servizio di alta intensità domiciliare, nel giorno del mio compleanno, Jacopo tornò finalmente a casa!

Avvolto dall’amore di tutti noi e della sorellina che finalmente poté viversi il fratello che sapeva esisteva ma che mai vedeva tornare….

Da qui la nostra rinascita, con tante difficoltà. Il più difficile dei muri da abbattere fu riuscire a convincere Jacopo che non tutti i contatti fisici equivalgono a un dolore successivo…ce n’è voluto del tempo affinché lui si facesse avvolgere completamente dalle nostre braccia e ora, GRAZIE AL CIELO, non le molla più!

Ora Jacopo ha quattro anni e nonostante i ritardi motori, di linguaggio e disfagici non ci delude mai….il percorso è ancora lungo ma lui non molla, ci regala costantemente sorrisi e dolcezza e un infinità di amore e soddisfazioni, dando anche a noi la forza e la gioia per andare avanti e affrontare qualunque battaglia al suo fianco.

Giulia la mamma di Jacopo

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marica
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marica

un cucciolino fantastico!!!!!

Flaminia
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Flaminia

Dolcissimoooo <3